Frate Antonio Gerardo Bargagli
20 luglio 1906 – 10 agosto 1944
VITTIMA DELL’INSENSATA FEROCIA NAZISTA
Nato alla Selva, piccolo villaggio presso il Monte Amiata, a 12 anni entrò nel Collegio di Figline Valdarno per essere sacerdote francescano. Per la sua modestia ed innocenza si attirò subito l’affetto e la stima dei superiori e dei compagni. Colpito dopo un anno di studio da una malattia inguaribile, si vide chiusa per sempre la via al sacerdozio e fu per lui una pena immensa. Ma la volontà di consacrarsi a Dio era tanto forte che piuttosto di tornare nel secolo, preferì seguire l’umile via di laico francescano. E in questo stato fu elemento prezioso in ogni convento ove l’ubbidienza lo mandava, desiderato e richiesto a gara dai superiori e confratelli.

Fra’ Antonio Bargagli
Trascorse il periodo più lungo e fecondo della sua vita a Viareggio, dove il popolo della parrocchia di S. Antonio, che meglio poté conoscerlo ed apprezzarlo, lo amava grandemente. Negli umili uffici di portinaio e di sagrestano, che compiva con ammirabile laboriosità e passione, risplendeva sempre la sua mitezza di animo, la sua bontà e carità: era con tutti affabile, dolce e paziente. Si prodigava in modo particolare nell’insegnare il catechismo ai bambini, nell’assistenza agli ammalati e ai bisognosi.
Nel periodo della emergenza, dopo che la città fu sfollata, il convento e la chiesa di S. Antonio rasi ala suolo dai bombardamenti, Frate Antonio si ritirò con gli altri Padri nella vicina campagna di Bicchio, presso una buona famiglia colonica.
La sera dell’8 agosto 1944 aveva prestato gli ultimi conforti dell’agonia ad un povero vecchio, che ammalato, solo ed abbandonato da tutti, curava amorevolmente da vario tempo. Ma quando la mattina del 10 agosto, tornava alla casa del defunto per disporre il trasporto della salma, si imbatté in tre soldati tedeschi che iniziarono a malmenarlo; alle sue preghiere, due lo lasciarono in pace, ma il terzo lo rincorse e cominciò a percuoterlo col calcio del fucile; lo inseguì in un campo vicino alla via Aurelia, e con bestiale ferocia, dopo averlo ancora percosso, gli sparò un colpo di rivoltella.
Fra Antonio stramazzò a terra continuando a chiedere pietà invocando ripetutamente il nome di Dio e della mamma, ma quella belva umana, con freddo cinismo, gli sparò ancora un colpo, uccidendolo. Assisterono alla tragica scena varie persone dalle finestre socchiuse delle case vicine.
E così nel compiere un atto di amorosa carità, forse a motivo del suo abito religioso, Fra Antonio veniva immolato, Ostia pura nel cospetto di Dio e nella venerazione degli uomini.