LE COLONNE DELLA REGGIA
di Franco Anichini
Nella prima metà del settecento, il piccolo borgo viareggino era caratterizzato da una griglia di strade ortogonali tra loro. La strada principale era la via Regia che da est, attraversando il paese, andava verso ovest in direzione del mare. Su quella strada si affacciava la villa di Ferrante Cittadella, l’edificio più vicino al mare. Ma c’erano anche altri edifici , sempre costruiti dalla nobiltà lucchese, che assieme ad altre abitazioni più modeste costituivano il nucleo edificato del borgo.
La nobiltà lucchese amava frequentare Viareggio specie nel periodo quaresimale e nelle stagioni più fresche, evitando i mesi caldi per il pericolo di contrarre la malaria. Il passatempo preferito dalla nobiltà era il giuco d’azzardo, il biribissi, che spesso portava ad onerose perdite in denaro da parte dei giovani rampolli delle ricche famiglie.
Della Villa Cittadella abbiamo diverse testimonianze, scritte e grafiche. La prima è la descrizione di un pittore, George Kristoph Martini detto il sassone, che nella prima metà del ‘700 scrive:
“L’abate Cittadella, cavaliere gioviale di grande istruzione, possiede vicino al mare una bella villa con una grande scala esterna tutta d i marmo. Me la fece visitare e mi mostrò le pitture, tra cui alcuni paesaggi molto buoni. Il sig.Cittadella mi prestò anche un bel cannocchiale lungo cinque braccia col quale dalla finestra esplorai il mare e le isole davanti al golfo di Portovenere, di cui scorgevo nitidamente tutte le case, nonostante la distanza di 40 miglia.”
Più tardi, grazie ad una prospettiva del borgo viareggino visto dal mare, risalente al 1748, Cesare Sardi, nel 1899 ci dà una descrizione in Viareggio dal 1740 al 1820, pp.7 e 26: “Più innanzi sulla destra di quel piazzale, non lungi dalla bocca del fosso, più fortunata per la sua ubicazione, più graziosa per la sua costruzione, sorgeva la villa di Ferrante Cittadella che fu poi come vedremo, Palazzo regio ed oggi residenza del Comune; sgombra dal fabbricato aggiuntovi dal lato destro che oggi la rende goffa e sproporzionata, è provveduta di un largo scalone all’esterno che completava l’elegante colonnato della facciata. Quella villa com’è descritta in un paesaggio a penna che adorna il cartone del 1748, era veramente graziosa. Dal porticato di quella si dominava presso la foce il piccolo molo cui sovrastava un casotto per le guardie, e le finestre di ponente guardavano la spiaggia…”
Dall’esame della pianta disegnata dall’ingegnere Valentino Valentini, nel 1748, si nota che la villa era ubicata con fronte sulla via Regia, quasi sull’angolo con l’attuale via Battisti, più o meno dove ora c’è la farmacia Castellani. Da un successivo rilievo dell’architetto Lorenzo Nottolini dei primi venti anni dell’800, si può notare che l’edificio era caratterizzato nella facciata da una scalinata a doppie rampe [evidenziazione in giallo della pianta]. Sulla destra si nota un altro palazzotto appartenuto prima alla famiglia Fanucchi e poi a quella Mansi. Sullo sfondo è visibile la Torre Matilde con il tetto di copertura, oggi mancante.
Il 7 dicembre 1817, la nuova sovrana di Lucca, Maria Luisa di Borbone, fa il suo ingresso in città. La sovrana dimostrò subito un interesse ed un amore particolare per il borgo marinaro, unico sbocco al mare dello Stato lucchese, intuendone le potenzialità latenti. Nel 1818 Maria Luisa entra in possesso della pineta di levante, e l’anno successivo acquista per 90mila lire la villa Cittadella per poi di lì a poco, come vedremo, ristrutturarla per un progetto grandioso. Nello stesso anno decreta la costruzione della prima darsena viareggina, la Darsena Lucca, che entrerà in funzione nel successivo 1823. Nel 1820 eleva il borgo di Viareggio a rango di città affidandola ad un Governatore e commissiona a Valente Pasquinucci la costruzione di un’imbarcazione di rappresentanza, il Bargio Reale, dove lo stesso Valente Pasquinucci ne diviene comandante.
In quel periodo la nascente città conta 3.849 abitanti, di cui 477 a Torre del Lago. Nella giurisdizione di Viareggio sono comprese anche le comunità di Bargecchia, Massarosa, Mommio, Montigiano, Pieve a Elici, Stiava.
Per incentivare lo sviluppo e la crescita della città, la duchessa emana un piano regolatore per invogliare i sudditi del Ducato ad investire sulla terra di Viareggio, concedendo gratis il terreno necessario per costruirvi un’abitazione con orto contiguo, esonerandoli dal pagamento delle tasse per venticinque anni. Ma Maria Luisa aveva in mente un più ambizioso progetto che vede protagonista Lorenzo Nottolini nella doppia veste di architetto ed urbanista, con la progettazione di una reggia capace di ospitare “tre reali famiglie con le corti rispettive” [Mazzarosa]. Dietro la reggia, da edificarsi con pianta a forma di ferro di cavallo, una grande piazza sulla quale doveva affacciarsi una chiesa con convento degli Agostiniani [v.pianta p.169 fig.186 e pag.171 fig.187].
La chiesa ed il convento erano previsti fra le attuali vie Cavallotti e Matteotti. Oltre alla reggia, chiesa e convento degli Agostiniani, Lorenzo Nottolini aveva pensato alla sistemazione della pineta di levante attraverso il disegno di un parco con viali, aiuole, piazzole ed uno stradone “ombroso per alta pineta” [Mazzarosa], l’attuale Viale dei Tigli che sarebbe dovuto arrivare fino alle cascine, l’attuale Villa Borbone.
Le due idee per Viareggio, che sfruttavano il canale Burlamacca valicato con due ponti come elemento divisorio tra palazzo e giardino, proponevano un lungo asse di simmetria all’incirca parallelo alla costa e con arrivo al palazzo, che avrebbe unificato il giardino e si sarebbe trasformato, nella parte più esterna, nel ‘cannocchiale’ di un lungo viale alberato.
In uno dei disegni [fig.629] si osserva che il complesso è articolato in tre parti. Dal primo settore – a boschetti traversati perpendicolarmente e diagonalmente da viali incrociati passanti per piazzaletti circolari, semicircolari e di tagli mistilineo – avremmo potuto immetterci in un secondo settore il cui elemento caratterizzante sarebbe stato un’ampia piazza rettangolare, uno spazio aperto al quale si sarebbe potuto sfociare sia dai vialetti laterali che percorrevano squadrati sbocchi di verde, sia nel lungo viale-tunnel della pineta che avrebbe avuto il punto di arrivo in una peschiera. Di lì, con un viale perpendicolare, si sarebbero raggiunte le nuove cascine e le scuderie, ancora esistenti.
La seconda soluzione [fig.630], più semplice ed estesa sempre alla stessa area in cui resta come elemento fisso il grande viale attraverso la pineta, fu pensata con l’arrivo da questo viale che, nella parte più elaborata e vicina al palazzo, si sarebbe aperto in tre viali divergenti a ventaglio. La vista del palazzo avrebbe avuto la possibilità di spaziare su di un grande prato, poiché gli alberi erano previsti solo al bordo esterno dei viali. Ma va osservato un fatto fondamentale: il giardino avrebbe dovuto essere aperto al pubblico; lo indica nei disegni il Nottolini, prevedendo un ponticello laterale in comunicazione con l’abitato. Se la lettura è giusta, quei disegni rivestono una straordinaria importanza per la proposta del primo parco pubblico progettato in lucchesia.
Nel progetto, Lorenzo Nottolini disegna la facciata della reggia che avrebbe occupato tutta la lunghezza dell’isolato, circa 90 metri, compresa tra le attuali via Battisti e via Fratti, proponendo cinque archi a tutto sesto sorretti da colonne, ed una scalinata a doppia rampa riprendendo lo stile settecentesco dell’originaria Villa Cittadella. Una ripetizione speculare sull’altro l’ato avrebbe completato l’opera. Nella Parte centrale, il corpo di fabbrica è rialzato con un attico architravato sorretto da sei colonne di gusto neoclassico dove prevalgono le linee rette, senza la presenza di archi. [disegno]
In una seconda versione, quella che poi almeno in parte è stata realizzata, il gusto neoclassico ha prevalso sullo stile settecentesco. Spariscono gli archi a tutto sesto e i corpi laterali sono caratterizzati da un loggiato sorretto da quattro colonne di marmo di ordine ionico. Spariscono anche le scalinate laterali mentre il corpo centrale della facciata, rialzato, è caratterizzato da un pronao esastilo ionico con scalinata di accesso. Tale versione neoclassica, più consona con lo stile dell’epoca, definisce l’aspetto della parte sinistra della facciata [disegno]
Nell’ aprile 1822, giunsero a Viareggio la principessa Paolina Bonaparte e il musicista Giovanni Pacini, ultimo amante della principessa. Entrambi edificano le loro residenze a Viareggio.
Il 18 luglio 1822, il mare restituisce il corpo del poeta inglese Percy Bissy Shelley, annegato a seguito di naufragio. L’8 febbraio 1823 la Torre Matilde viene destinata a bagno penale dei forzati. Il 13 marzo 1824 muore a Roma, a soli 42 anni, Maria Luisa di Borbone, duchessa di Lucca, ed il 9 giugno del successivo 1825, a Firenze, cessa di vivere a soli 45 anni di età la principessa Paolina Borghese Bonaparte.
Con la morte della duchessa di Lucca svaniscono i sogni e le prospettive che aveva su Viareggio e si interrompe il grande progetto della reggia. Rimase costruita soltanto la parte sinistra, con le quattro bianche colonne di marmo a testimoniare quella che sarebbe stata la facciata della reggia. Il figlio ed erede al trono, Carlo Ludovico divenuto così duca di Lucca, non si dimostrò interessato ai progetti della madre, tant’è che il 20 febbraio 1827 dona al comune quel che è stato costruito del palazzo regio.
Nello stesso anno viene dato inizio all’attività di balneare con la costruzione in palafitte dei primi stabilimenti balneari comunali, attività che di conseguenza conterà nella cittadina numerose presenze. Anche in conseguenza di ciò, il 16 gennaio 1834 il duca Carlo Lodovico autorizza il comune di Viareggio a trasformare parte del palazzo in Casino di feste e giochi “…onde i forestieri che ivi si portano per l’uso dei bagni di mare abbiano un locale dove riunirsi nelle ore a questi non necessarie”. I lavori di trasformazione vengono affidati all’architetto Bernardo Giacometti ed al capomastro Frediano Lippi.
Dalla Guida manuale di Viareggio e dei dintorni di C. Michetti, pubblicato nel 1893, si legge che un decreto emanato il 15 settembre 1827 dal duca Carlo Ludovico, stabiliva la cessione al Comune di Viareggio del Palazzo Regio con tutte le sue adiacenze, pertinenze e materiali, allo scopo di costruirvi una chiesa parrocchiale con annesso convento. Alla costruzione degli edifici ecclesiastici avrebbe dovuto pensarci il comune, a sue spese, ma le magre finanze consentirono di provvedere unicamente alle fondamenta dell’attuale chiesa di S.Andrea. La vendita di una porzione del Palazzo consentì di provvedere ai lavori di restauro e miglioramento della porzione rimanente così che dal successivo 1835 venne destinato ad ospitare gli uffici municipali.
Sempre dalla pubblicazione del Michetti si ha una descrizione del palazzo e dei suoi ambienti:
“E’ un palazzo a due piani di semplice costruzione, ma è abbastanza ampio e comodo. Vi hanno sede tutti gli uffici comunali, la R.Pretura, il Registro, la Scuola Tecnica, la Posta e il Regio Casino, ove si ammirano sale ampie ed assai eleganti. La sala ove tiene le sue adunanze il Municipio è la più vasta, ed ha una bella lumiera appesa al centro della volta. Da questa sala possiamo passare per tre usci nella bella terrazza che guarda sulla piazza Manzoni. Il soffitto di questa terrazza è sostenuto da quattro colonne d’ordine ionico in marmo; e la balaustrata posta alla base di esse è pure in marmo. Sopra l’uscio di mezzo, che dà sulla anzidetta sala del Municipio, vediamo un bassorilievo che rappresenta Vittorio Emanuele II, e sotto di esso è scritto:
IL POPOLO DI VIAREGGIO
INTERPRETE IL SUO MUNICIPIO
VITTORIO EMANUELE II
RE D’ITALIA
1878
Sopra l’uscio a destra del suddetto, vedesi altro bassorilievo che rappresenta l’Eroe dei due Mondi, e sotto del medesimo si legge:
A GIUSEPPE GARIBALDI
IL POPOLO DI VIAREGGIO
1882
Sopra l’uscio a sinistra del primo, leggesi la seguente iscrizione:
PRECURSORI DEI MILLE
SU NAVE VIAREGGINA
GUIDATA DA SILVESTRO PALMERINI E RAFFAELLO MOTTO
AGITANDO LA FACE DELLA LIBERTA’
APPRODARONO IN SICILIA
ROSOLINO PILO E GIOVANNI CORRAO
IL X APRILE MDCCCLX
AUSPICI DI VITTORIA
AI POPOLI
INSORTI CONTRO LA TIRANNIDE
NEL NOME D’ITALIA
IL MUNICIPIO DI VIAREGGIO COMMEMORANDO GARIBALDI
POSE QUESTO RICORDO
MDCCCLXXXII
Michetti riporta anche il contenuto di un’altra lapide, commemorativa dell’annessione del Granducato di Toscana al Regno d’Italia, che ci dice era posta sulla facciata del Palazzo, proprio sulla porta d’accesso sulla via degli Uffizi. Purtroppo nessuna delle lapidi descritte è arrivata ai nostri giorni; l’unica traccia visiva della loro collocazione è desumibile da un disegno della facciata del palazzo realizzato nel 1927 dall’architetto Alfredo Belluomini, dove alle tre lapidi citate se ne notano altre tre, in tutto sei.
Il Palazzo con il suo stile esteriore neoclassico assume nella Viareggio dell’800 un ruolo simbolico e al tempo stesso polifunzionale della vita cittadina. Nella guida di Viareggio Illustrata di Luigi Gravina pubblicata nel 1920, a proposito del Palazzo Comunale si legge che oltre agli uffici di pubblica utilità già cennati da Michetti, si sono aggiunti le scuole ginnasiali, la Biblioteca Popolare, il telefono interurbano e la Congregazione di Carità. Sono notevoli in questo palazzo i bassorilievi di Vittorio Emanuele II, di Umberto I, di Garibaldi, Rosolino Pilo, di Giovanni Corrao e Cesare Battisti”.
Francesco Bergamini nel suo Mille e una notizia, ci racconta che il 6 novembre 1846 vengono proibiti i giochi al Regio Casino. La determinazione provocherà una mancata entrata di 500 scudi mettendo in difficoltà l’amministrazione comunale per il mancato introito necessario per far fronte al pagamento delle rate del nuovo teatro, per la manutenzione delle strade e per il mantenimento dello stesso Casino. Per non chiudere il regio Casino “…che non potrà farsi senza vergogna in faccia ai forestieri che all’estate frequentano la nostra città…” venne deciso di mettere a carico dell’Amministrazione dei bagni comunali la somma annuale di £ 100.
Ma la ex reggia è anche il luogo simbolico dove si vede nascere il Carnevale di Viareggio, come riporta Francesco Bergamini: “E’ l’ultima domenica di carnevale. Una brigata di giovani frequentatori del Caffè del Regio Casino organizza, ad imitazione di quanto viene fatto a Lucca, un corso di carrozze, agghindato con fiori e festoni, con a bordo gente mascherata, alla folla assiepata lungo la via Regia, nel tratto che va dalla piazzetta dell’Olmo a piazza della Dogana (oggi piazza Pacini). Così si dice sia nato il carnevale a Viareggio”. Le stanze del regio Casino continuano negli anni ad essere luogo di svago e di allegria carnascialesca, come dimostra un’altra notizia datata 12 febbraio 1899: “Alle due serate nelle sale del Casino il concorso fu soddisfacente; elegantissime maschere; vi regnò in generale un discreto brio…” [Bergamini pag.250]
Successivamente, nel 1927, la facciata del palazzo venne arricchita da una scalinata a due rampe progettata dall’architetto Alfredo Belluomini. Sarà l’ultima modifica apportata al palazzo.
Una foto scattata dal prof. Franco Signorini, appena dopo i bombardamenti del 12 maggio 1944, ci testimonia come i muri perimetrali dell’ex reggia siano rimasti in piedi, in particolare la facciata con il colonnato marmoreo.
Non si sa per quale assurdo e sciagurato motivo il palazzo fu completamente demolito; le quattro colonne, divise ciascuna in due rocchi, complete di capitelli, basi ed altri elementi architettonici, furono smontati e trasportati in località La Vetraia, nello spazio antistante lo studio dello scultore Alfredo Morescalchi, oggi demolito. Nel 1977, con l’aiuto di quattro studenti del Liceo Scientifico, dove insegnavo, le rintracciai. Gli alunni elaborarono un piccolo progetto che aveva per scopo di studio il recupero e la valorizzazione delle colonne, proponendo di collocarle in piazza Manzoni. La proposta, presentata al sindaco di allora, ma non ebbe risposta.
Al tempo del ritrovamento, venni a sapere da fonti orali, che la Soprintendenza avrebbe suggerito, o imposto, forse un vincolo di cui non c’è nessuna traccia sia negli archivi comunali che in quelli della stessa Soprintendenza, e cioè che le quattro colonne fossero inserite nella facciata di un nuovo fabbricato a perenne memoria dell’ex reggia di Maria Luisa di Borbone. Sempre in quell’anno, l’amico Giuliano Pasquinucci, recentemente scomparso, disegnatore dell’Uff.Tecnico Comunale, mi mostrò un disegno in prospettiva di un edificio dove spiccavano sulla facciata le quattro colonne ioniche dell’ex reggia. Il disegno è scomparso.
Il travaglio dei reperti continua. Negli anni ’80, furono traslocati dalla Vetraia al loggiato retrostante il Palazzo delle Muse, in via Mazzini. Negli anni ’90 furono ricollocati in un’area all’aperto di pertinenza del magazzino comunali, agli ex macelli pubblici, al terminetto. Nel ’98, proposi all’Amministrazione un progetto per sistemare le colonne sui muri delle case prospicienti il municipio. Il 24 ottobre dello stesso anno venne inaugurato il monumento alla Resistenza realizzato dall’architetto Bruno Belluomini in Largo Risorgimento, che vide l’utilizzo parziale dei lacerti marmorei esistenti, mentre due dei quattro capitelli ionici ed altri elementi rimasero inutilizzati ed abbandonati all’incuria, all’aperto, nel magazzino comunale. Il 19 giugno del ’99 riproposi all’Amministrazione il recupero dei due capitelli rimasti, ma nulla è stato fatto. Nel 2006, constatato il disinteresse, presentai il progetto alla Circoscrizione Viareggio Nuova, ma anche qui senza ottenere alcun risultato.
In queste foto da me scattate in quell’area nel 2001, si vede la presenza dei due capitelli. L’11 settembre del 2008, i reperti vengono nuovamente spostati e collocati nel retrostante spazio all’aperto dei magazzini comunali, a causa della realizzazione di lavori di viabilità. Durante lo spostamento di quest’anno uno dei capitelli e, seppur domandato, non si sa che fine abbia fatto. Probabilmente sarà andato ad arricchire qualche villa, magari in salotto, come base di tavolino o fioriera.
Dopo una prima ammucchiata senza ordine, i reperti che qui vedete sono stati risistemati in modo da poterli esaminare e catalogare. Ma vista l’incuria ed il disinteresse di tutti questi anni, adesso, che fine faranno questi reperti? Mi auguro che l’attuale Amministrazione provveda ad elaborare un progetto affinché, almeno i reperti più interessanti, siano recuperati e valorizzati.
Qui finisce la triste storia delle colonne dell’ex Palazzo Reale di Maria Luisa di Borbone, che ripose in Viareggio quell’amore che gli amministratori del dopoguerra non hanno saputo esprimere e comprendere, con la speranza e l’augurio che le future generazioni non adottino i barbari criteri demolitori che hanno ultimamente caratterizzato l’urbanistica della nostra ancor bella città.