LA VIA DEI COMPARINI: ALLE ORIGINI DI UN TOPONIMO

La via dei Comparini, per i viareggini la vietta, ha origini lontane ed è uno dei toponimi più antichi della nostra città; una via campestre, che disposta da mare a monti collega, allora come oggi, il padule e i terreni a ridosso della macchia con la via Aurelia, allora via Romana o per Pisa. Sicuramente originata per collegare con la viabilità principale i primi coloni, i primi livellari che ebbero a coltivare le terre concesse dalla Serenissima Repubblica di Lucca.

Quando in origine venne deciso di suddividere  il territorio della nostra città, le campagne palustri, in lotti per assegnarli a chi li volesse allo scopo di poterle coltivare con il doppio fine di  renderle fruttifere e di popolarle,  questo vasto territorio venne appunto diviso in tanti appezzamenti di forma pressoché rettangolare con andamento est-ovest e che forse per la loro forma presero il nome di colonnelli. Da questo termine, infatti, deriva il primo nome di quella strada: stradone dei colonnelli.

Gli assegnatari erano inizialmente nobili, prelati, congregazioni religiose che a loro volta la concedevano in godimento a contadini per un certo periodo di tempo a determinate condizioni, a livello come si diceva allora

La famiglia Comparini fu una di queste,  una delle tante che coltivavano la terra appartenente ad altri.

Dai documenti presenti nell’archivio storico della parrocchia di Sant’Antonio risulta che un nucleo di Comparini era già presente nella terra di Viareggio almeno dalla prima metà del 1600.  In ordine di tempo,  nelle Pubblicazioni di Matrimonio alla data del 10 maggio 1649, foglio n.64, si legge delle nozze  tra Giuseppe di Bastiano Comparini di Vecchiano e Caterina di Lorenzo Luisotti da Corsanico; in seguito per alcune iscrizioni nel Libro dei Morti:  la prima alla data del 7 agosto 1687, per la morte di Maria Madalena figlia di Giuseppe Conparini da Vecchiano e altre due recanti sempre la date del 24 agosto 1688 (anche se non consecutive come scrittura)  per Maria Madalena, figlia di Giuseppe Comparini , omonimo del primo, e di Angela sua moglie Pisani [sicuramente omonimo del primo per la diversità del coniuge] e per Elisabetta di Gio Batta Comparini e di Maria Antonia sua moglie Pisani, morta in età di anni 2 in circa.

Dagli Stati delle Anime, una sorta di censimento dell’epoca, il  primo nucleo familiare censito nella bacchetta del 1705, la prima esistente della serie, l’unico nucleo familiare Comparini corrisponde con con i dati già trovati nelle pubblicazioni matrimoniali del 1649 ed è così riportato:

Giuseppe Conparini [Comparini]

Catarina         moglie

Alessandra     figlia

Pietro [Baroni di Stiava] Garzone

La consistenza della famiglia Comparini così rimane anche negli anni successivi, con l’unica figlia generata, o superstite, che in quanto tale non porterà avanti il cognome del padre. Giuseppe Comparini muore il 21 gennaio 1721 all’età di 85 anni mentre la moglie Catarina lo precede il 22 settembre del 1707, ma non ne conosciamo l’età.

Pietro Baroni entra non si sa quando a far parte di quel nucleo come garzone uno dei più bassi stati sociali di quell’epoca; Pietro ed Alessandra, la figlia del’ padrone’, si sposeranno il 3 febbraio 1709, rispettivamente a  24 e 19 anni di età. Dalla loro unione nasceranno forse otto figli, tre dei quali moriranno in giovane età probabilmente a causa delle febbri malariche; sopravviveranno tre maschi e due femmine:  Gio Bastiano ( 29 maggio 1710),  Giuseppe (8 marzo 1715), Bartolomeo Domenico (1 giugno 1718), Caterina (1737?) e Chiara (?)

Ma se il casato Comparini svanisce nel 1721con la morte di Giuseppe, come mai il toponimo ha resistito per così tanti anni? Del resto sono molte le vie che costeggiavano campi dove altrettante famiglie contadine  hanno vissuto per molti anni senza però conservarne i l ricordo.

Probabilmente tutto sta nel senso di riconoscenza che Pietro di Gio Baroni di Stiava, il giovane garzone, ha nutrito verso il vecchianese datore di lavoro/suocero Giuseppe Comparini. Le condizioni di vita in generale non erano delle più facili a quei tempi, e a maggior ragione quelle di garzone o di garzona, a seconda del sesso. Probabilmente Giuseppe Comparini avrà avuto un atteggiamento meno rigido, sicuramente più umano, e il giovane Pietro non se l’è dimenticato.

Di questo supposto senso di riconoscenza troviamo iniziale conferma in due preziosi documenti, due suoi testamenti datati 26 agosto 1728 e 12 gennaio 1737, peraltro suo ultimo giorno di vita, all’età di 62 anni in circa. Le informazioni che ricaviamo da questi documenti sono di fondamentale importanza: l’indicazione dei luoghi, la composizione familiare, la condizione femminile, le consuetudini. Ma quello che emerge con maggior risalto è il sicuro affetto e il profondo rispetto che Pietro provava per Alessandra e la riconoscenza per il suocero, dimostrati ancor più nel secondo dei due testamenti quando dispone che la moglie “Alessandra Donna e Madonna” rimanga usufruttuaria della  “Chiusa à primi Lecci nella Macchia del Principe à man dritta […]  in modo che detta Chiusa anco maritandosi debba esser sua come Erede di suo Padre.” Anche per un’ altraChiusa detta al Forcone su q. della Pieve a Elici lasciata ai figli dispone che non possa essere alienata“senza consenso di detta Alessandra loro Madre.”

Per capire la portata di queste disposizioni bisognerebbe confrontarle con quelle contenute in altri testamenti di quel periodo, dove la donna rimasta vedova non aveva nessun tipo di garanzia sui beni del marito defunto, nè potestà sui figli minori rischiando  addirittura d’esser cacciata di casa da questi, al punto che alcuni testatori scongiurano che ciò non accada.

Qui Pietro dimostra di esser persona illuminata, contravvenendo alla consuetudine testamentaria che prevedeva si l’usufrutto dei beni da parte della moglie superstite, ma solo nel caso che questa fosse  rimasta in stato vedovile, pena la perdita di ogni diritto reale nel caso si fosse risposata. E la volontà di voler trasmettere alla moglie Alessandra il possesso dei beni terreni, senza che la forma scritta potesse eventualmente ingenerare dubbi, la sottolinea con l’espressione “debba esser sua come Erede di suo Padre”. Come fosse stata una trasmissione in linea diretta tra Giuseppe Comparini e la figlia Alessandra, di cui Pietro Baroni si è trovato a far incidentalmente da tramite. Caso unico, questo, almeno per i documenti analoghi e coevi da noi reperiti e consultati.

Alessandra lo sopravviverà ancora per molti anni passando a miglior vita il 20.4.1772 all’età di  82 anni in circa.

I riferimenti topografici forniti nel testamento ci hanno facilitato nella ricerca dei luoghi e nel reperimento dei documenti. Tra le serie archivistiche custodite presso il Centro Documentario Storico del Comune di Viareggio, la Serie XII-Contratti e processi verbali contiene, tra l’altro, il registro dei contratti di vendita delle chiuse, dai quali è possibile venire a conoscenza della suddivisione dei terreni ed il nome dei relativi proprietari. Si tratta di una trascrizione fatta nel 1857 dei contratti originali redatti nel 1798, quando la Repubblica di Lucca decise di annullare le concessioni fatte originariamente a favore della nobiltà vendendo all’asta quei terreni. Da questi documenti risulta che la chiusa n.72 A, apparteneva a Sebastiano Baroni, primogenito di Alessandra e Pietro Baroni; aveva alberi e viti  e una casina murata coperta a embrici e tegoli  e due capanne di legname ricoperte di serago [probabilmente sorgo o saggina] posta nelle Marine di Viareggio dalla parte di levante luogo detto “allo stradone dei colonnelli” tra le fosse Lama Lunga e Fontanella. Confina a levante in parte con la chiusa n.67 acquistata da Rocco Giannini, et in parte con la chiusa pubblica n.68 con la fossa Lama Lunga; a mezzodì con Stradone de colonnelli coerente alla chiusa n.72B, a ponente colla Fossa della Fontanella; a settentrione con la chiusa pubblica n.71 acquistata dai figli del già Nicolao Ghilarducci. Il tutto come meglio dal disegno formato dal Perito Francesco Maria Butori esistente nel contratto sotto n.72.

ASLu – Miscellanea-Lettera V-Viareggio-028 – Mappa delle chiuse allo Stradone de’ colonnelli, 1798

ASLu – Miscellanea-Lettera V-Viareggio-028 – Mappa delle chiuse allo Stradone de’ colonnelli, 1798

Per quanto riguarda la seconda chiusa indicata da Pietro Baroni nei testamenti , descritta a pagina 179 di detto registro e denominata Chiusa di n.26, è descritta come un pezzo di terra campia seminativa divisa in più lenze da prode di alberi e viti, con una capanna di legname coperta di serago, posta nelle Marine di Viareggio dalla parte di Levante in punta alla fossa delle Quindici luogo detto “al Forcone”, confina da levante fossa delle Quindici in parte coerente al lorenzetto dello spettabile Federigo Cittadella pertiche 41, ed in parte contigua al lorenzetto pubblico pertiche 173.1/2 e per smusso in detta aria inclinata a Mezzodì incontro della Fossa Trogola colla Quindici pertiche 2. 1/5da Mezzodì inclinato a Ponente detta Fossa Trogola pertiche 81 da Ponente che piega a mezzodì chiusa pubblica di n.25 pertiche 157. 3/5 da settentrione Fossa detta del Forcone contigua alla chiusa n.27 pertiche 63.75, in tutto di misura superficiale in pertiche 10.81.0 Coltre 23.-2. E come meglio dal disegno formato dal Perito Francesco Maria Butori  [ingegnere con le qualifiche di perito, pubblico perito di geometria, perito disegnatore] esistente nel Contratto sotto n.26.

La dicitura “in quel della Pieve a Elici” riportata nelle disposizioni testamentarie a proposito della seconda chiusa che Pietro Baroni lascia in eredità, ci ha fatto scoprire che a quel tempo una parte del territorio a est della città era di pertinenza delle comunità collinari. Mappe settecentesche e ottocentesche osservabili nel sito dell’Archivio di Stato di Lucca (www.archiviodistatoinlucca.it) nell’apposita sezione e-aslu ,ci hanno consentito di riscontrare diverse indicazioni; e la prima mappa del catasto storico regionale del 1863 ‘CA.STO.RE’ consultandola on line (http://web.rete.toscana.it/castoreapp/), con la possibilità di poter sovrapporre quella mappa con la cartografia attuale, ci hanno dato modo di localizzare queste chiuse, in particolare quella riferita al toponimo ancora conservato. Tuttora sulla via dei Comparini esistono ancora tre edifici, all’epoca rurali, che nell’antica carta catastale sono indicate coi toponimi ‘Comparini’, nell’immagine sottostante evidenziati in rosso.

Porzione della mappa catastale del 1863 sovrapposta alla cartografia attuale

Porzione della mappa catastale del 1863 sovrapposta alla cartografia attuale

Questo profondo senso di riconoscenza di Pietro  trasmesso e raccolto dai suoi figli, primo tra tutti Gio Sebastiano che già nel 1758 si fa censire come Sebastiano Comparini , è stato così forte e pregnante che si è trasmesso anche alle generazioni successive.  Per esempio, in un documento datato 9 aprile 1815 si ha notizia del M.to R.do Sig.re D.Vincenzo Baroni Comparini, che versa a Francesco Luigi Antognoli la somma di £ 166.16 per aver acquistato del metallo necessario alla fusione di nuove campane; mentre in una deposizione per il processo celebrato al Tribunale di Lucca per l’incendio doloso del Bagno Nettuno del 1870, si legge ancora di n un Tommaso Baroni-Comparini. E questi sono solo riscontri causali.

Siamo sicuri che,  se lo sapesse,  Pietro Baroni sarebbe felice che a quasi tre secoli di distanza il suo desiderio è stato esaudito. Il sentimento della riconoscenza, quando è vera e sentita, travalica lo spazio ed il tempo. Questa ne è stata la prova e noi ne siamo contenti, per lui.

Claudio Lonigro,  Riccardo Francalancia